Spadafora: “Non ci sono evidenze scientifiche sul fatto che giocare aumenti i rischi”. L’attività adulta quasi tutta salva tranne che in Lombardia: i campionati regionali resteranno fermi, si discute sul via libera agli allenamenti individuali.
Piccolo non è bello. Anzi, rischia di essere brutto, bruttissimo. Piccolo nel senso di età, di bambini e ragazzi. Piccolo nel senso di campi, molto spesso campetti, in mille periferie. Piccolo nel senso dell’inizio della catena, il livello provinciale, quello che il Dpcm del Governo ha stoppato almeno a livello di partite. Si fa presto a dire piccolo, però. Piccolo ma dai grandi numeri perché in Italia il 36 per cento dei tesserati alle federazioni sportive ha un’età fra gli 8 e i 13 anni. Mentre nella Federcalcio ben due terzi del milione e 46mila affiliati, fanno parte del settore giovanile e scolastico.
Tagliando e ritagliando i confini, la geografia degli effetti del divieto per gli sport di contatto si semplifica: salta l’attività provinciale, si salvano quelle regionali e nazionali (nel calcio si fermerà soltanto la Terza Categoria), sarà l’attività dei più giovani a pagare il prezzo più alto. “Le nostre società dovranno rinunciare a questo tipo di attività, già colpita duramente dall’indisponibilità della palestre scolastiche”, spiega Bruno Cattaneo, il presidente della Federpallavolo. Nel rugby non ci saranno partite sotto i 12 anni (qui si fermerà pure l’attività degli “old” e del touch rugby).
Fonte: Gazzetta.it
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